John Muir (1838-1934) nacque in Scozia ed emigrò in California ad 11 anni. Raccontava sempre con entusiasmo le montagne cent’anni fa. Quando non esistevano gli I phone scriveva dei tweet su come si perde la capacità di sentirsi vivi se si lavora troppo o se ci si concentra su come fare quattrini piuttosto che sulle cose che ci rendono felici. Studioso appassionato di botanica, a soli 29 anni Muir decise di mettersi in cammino diretto a Sud, con l’unico scopo di studiare e documentare le bellezze e le meraviglie della natura: un viaggio che lo condurrà fino a Cuba e terminerà poi in California. Leggendo il suo diario di viaggio troviamo annotazioni che rivelano la sua inclinazione a una vita solitaria e all’aria aperta, immerso nella natura selvaggia e immacolata, a cui l’uomo non ha ancora imposto la sua presenza. Questa verso il Golfo del Messico non fu certamente la prima spedizione esplorativa che Muir intraprese ma di sicuro resta la più impegnativa e la più avventurosa. Muir non si limita infatti a parlarci di flora e fauna, di affascinanti foreste, di pianure e paludi rigogliose: descrive con intelligenza e sensibilità anche il contesto socioeconomico in cui viaggia. L’amore per la natura però prevale su qualsiasi altro aspetto al punto da farsi quasi religione: il linguaggio diventa biblico quando esprime i suoi sentimenti e nessun profeta avrebbe potuto prendere più seriamente la chiamata o intraprendere una tale missione con tanto fervente sentimento.